ࡱ> `b_5@\jbjbj22%|XX\bXXXXXXXlPPPPd,l$R!lXXX```XX```zXXz ~P~z0z("zllXXXXXz$`llPJllPVento di Ghiaccio Nuda la terra, e l'anima ulula contro il pallido orizzonte come lupa famelica. Che cerchi, poeta, nel tramonto? Amaro camminare, perch pesa il cammino sul cuore. Il vento freddo, e la notte che giunge, e l'amarezza della distanza...Sul cammino bianco, alberi che nereggiano stecchiti; sopra i monti lontani sangue ed oro... Morto il sole...Che cerchi, poeta, nel tramonto? (Machado) Un suono sordo, che a tratti si innalzava in un ululato per poi contorcersi in mille sibili, che tornava basso e sferzante, per poi acquietarsi di colpo. Accovacciata nel vano della finestra della sua stanza da letto, lunica che desse verso nord, Helka ascoltava il vento. Cercava di svuotare la mente, di lasciarsi pervadere nel profondo da quel canto antico che si levava nella notte, antico quanto le memorie dei lupi e i ricordi delle stelle. In quella notte, la prima del lungo inverno in quelle remote terre del nord, le stelle scintillavano gelide, pi vivide che mai nella tenebra pura che avvolgeva il villaggio e la foresta. Non cerano i lupi, per. Nel silenzio si poteva udire il vento, il lento e solenne ondeggiare dei pini sotto il suo tocco, il respiro ritmico di Helka, immersa in profondi pensieri. Poteva avere ventanni. La sua pelle liscia e perfetta, dallincarnato pallido, rivelava quanto giovane fosse quel viso incorniciato da lunghissimi capelli del colore della cenere. Ma erano gli occhi, i grandi occhi profondi come pozze di acqua scura, a rivelare quanto presto fosse cresciuta Helka e quanto poco contassero per lei gli anni. L al villaggio lavevano accolta senza fare troppe storie, in fondo. La pergamena che attestava come lei avesse ricevuto quella casa in eredit, era bastata. Le labbra di Helka si incurvarono in uno spettro di sorriso: certo, era bastata a farla accettare nel villaggio, ma non fra i suoi abitanti. Quel bizzarro colore dei capelli, gli occhi cangianti, la pelle estremamente pallida, erano a dir poco inusuali fra quella gente. Non avevano fatto domande, ma la domanda aleggiava comunque al suo passaggio. Cos giovane e cos silenziosa, camminava dritta come un fuso con passo lungo e maestoso, gli occhi brillanti di intelligenza e con unombra irridente... cos severa, felina, come sicura di una conoscienza profonda... in una parola, Helka era ancestrale. E questo spiazzava non poco dei popolani che la gente del sud chiamava Bruti. Helka si sofferm un istante sulle ultime notizie giunte da sud: un muro, un muro di pietra ricoperto di ghiaccio, che nei progetti di un qualche Lord del sud doveva diventare altissimo e tagliare fuori dal suo reame lintero territorio oltre i suoi confini nord. Per ora, quel che si sapeva era che i lavori erano cominciati in un posto bagnato dal mare infinitamente a est del villaggio. Unombra annoiata pass sugli occhi di Helka. Come se glie ne importasse qualcosa... Le sopracciglia sottili di Helka si aggrottarono, disegnando un solco sulla sua ampia fronte. Ci che aveva causato la decisione di creare quel muro, causava la pi recente e profonda divisione fra gli abitanti del villaggio ed Helka. Per quel che ne sapeva, il dominio sulle grandi terre a sud da parte di quegli esseri che erano stati chiamati Estranei era terminato quando lei era ancora nella culla. Ma mentre al sud si fantasticava di muri e difese per non ripetere lesperienza, la realt l a nord era ben diversa. Helka alz lentamente la testa e fiss lombra scura che ondeggiava e spandeva un gelido odore di resina nel vento. Lei lo sapeva perch i lupi tacevano, quella notte. Quel villaggio era lavamposto umano pi a nord, un paese di confine, se solo ce ne fosse stato uno. Helka trasse un respiro profondo, crogiolandosi nel canto della notte, e appogg la testa allo stipite dietro di se. Una ciocca di lunghi capelli cinerini scivol dolcemente lungo il suo fianco per poi farsi rapire dal vento che la fece ondeggiare come uno stendardo di seta fuori dalla finestra. Cacciatori. Una smorfia da belva le arricci il labbro superiore, scoprendo una chiostra di denti bianchissimi. Cosera quella stupida iniziativa? Come se pattugliare il margine della foresta servisse a qualcosa che non fosse la scomparsa di un uomo del villaggio ogni tanto... Helka si scopr a godere dei singhiozzi delle vedove. Considerare non-umani da braccare come animali gli Estranei si meritava quanto meno questo. I lineamenti di Helka si distesero tornando a quellimpassibilit statica che la distingueva. In fondo cosa ne sapevano, quei... bruti? Nessuno di loro amava passeggiare nel profondo della foresta, e quindi nessuno sapeva come si potesse amare QUEL nord... Era animato di vita propria, e sentire il proprio spirito pulsare e fondersi con quellimmensit gelida, solenne, eterna e perfino irridente la ripagava ampiamente delle occhiate che le lanciavano le madri del villaggio nellosservarla scivolare con passo felino verso il margine della foresta e scomparire oltre. Per un istante, Helka perse quellimmobilit marmorea che la caratterizzava cos tanto. Se non fosse stato per la muscolatura asciutta e nervosa, che tradiva potenza e agilit insieme, si sarebbe detto che Helka condividesse la vita immota del ghiacciaio. Per un momento si aggiust sul posto, poi con uno sbuffo nervoso a labbra serrate trov una nuova posizione e socchiuse gli occhi. Si immerse di nuovo nei suoi pensieri. La voce di Helka, capace di spaziare da una tonalit acuta e stridente a un pacato tono pi profondo, di gola, si era levata secca come laria del mattino in quel consiglio del villaggio. Convivenza. Tolleranza. S, era possibile, la guerra era terminata e quellequilibrio andava preservato. Ma roche voci sorde e agitate avevano deliberato di allontanare gli Estranei dal territorio di caccia del villaggio, e la gelida collera che aveva pervaso Helka era rimasta solo per lei, mentre le ombre inghiottivano il suo sguardo. Riapr gli occhi. Avrebbe trovato la cosa pervasa di un sadico umorismo, se non fosse per quella sostanza solida e nera che un mercante aveva portato da sud. Ne aveva regalato pochi frammenti, nella speranza che i cacciatori pi abili ne avrebbero acquistata qualche punta di lancia per aumentare il proprio prestigio, la prossima volta che fosse tornato con le sue mercanzie. Non ne aveva chiaro il motivo, ma quei manufatti lucidi e taglienti le lasciavano uno sgradevole retrogusto di disagio. Scosse la testa con un movimento secco, e salt agile gi dalla finestra. La neve indurita dal freddo notturno salut il suo atterraggio con un susseguirsi di scricchiolii soffocati. I capelli finissimi, che scendevano ben oltre la vita, si protesero nellaria sospinti dal vento. Come una cometa dargento, seguirono il passo rapido e leggero di Helka, finch vennero inghiottiti dallombra degli immensi pini. Laria fresca e frizzantina di quel tardo mattino riempiva i polmoni di Helka e li tonificava, mentre i suoi alti stivali di pelle scamosciata sbiancata e tinta di azzurro pallido affondavano nella neve morbida appena caduta. Non avendo che pochi oggetti che le fossero veramente cari, Helka aveva finito per portarli con se ovunque, e stavolta erano adagiati con cura sul fondo di una piccola bisaccia che portava a tracolla, insieme a poco altro. Dopo tutto, per una gita di un giorno solo qualche brano di carne salata ed essiccata e un pezzetto di burro erano pi che sufficienti. Un lembo di cotone sottile costituiva la sua risorsa per eventuali ferite, e quanto allacqua Helka aveva imparato da tempo a servirsi della neve. Al resto pensava il lunghissimo coltello istoriato che aveva legato allo stivale sinistro con qualche correggia di cuoio del medesimo azzurro pallido. Era una lama sottile, perennemente tagliente, su cui Helka aveva avuto la pazienza di incidere numerose rune che parlavano di ghiaccio, notte, lupi e dellinebriante vita selvaggia nella foresta sotto il dominio del Gelo. Come da tradizione, vi aveva inciso il nome della proprietaria. Quel pugnale costituiva una sorta di legame, di alleanza con il nord. Un affilato documento che recava i nomi della gelida natura e li fondeva con quello di lei. Di umore vagamente euforico, Helka prosegu vagando fra gli alberi fino a che non si arrest con un tuffo al cuore. Con i grandi occhi aperti fino allo spasimo, i muscoli contratti e una confusione di pensieri in cui si infilava serpeggiante langoscia, rimase inchiodata di fronte alla scena che offriva quella piccola conca nella neve che le si apriva davanti. La neve intorno era smossa, come calpestata. No, come se qualcosa si fosse contorto su di essa. Quasi con orrore, Helka fiss la figura che giaceva immobile al centro. Un timido passo, unaltro. Helka accennava a scendere guardinga il bordo della conca, lottando per ritrovare il dominio di se. Respirava? Forse un fremito delle palpebre chiuse. Forse era vivo. Poi Helka cap, vide, e si acquiet in ginocchio mentre la sua mente vagliava frenetica ogni idea alla ricerca della cosa giusta da fare. Un taglio lungo una decina di centimetri si apriva sul fianco destro dellEstraneo. Non sembrava profondo, ma un vapore sottile, come una nebbia, si spandeva costante da quella ferita. Helka strinse i denti, inspir a fondo e prov ad avvicinarsi ancora. Acquattata a breve distanza dallEstraneo lo osserv con attenzione. La carnagione bianchissima era splendente, incredibilmente liscia. Capelli lisci tanto biondi da sembrare bianchi gli toccavano le spalle. Le lunghe e magrissime dita erano contratte. Nessuna espressione traspariva dal suo volto immobile. La sua divisa, dellazzurro pi gelido che avesse mai visto, appariva tagliata di netto l dove qualcosa era riuscito a squarciare la carne livida. Helka aveva la sgradevole sensazione di conoscere la verit riguardo a quel taglio. Dimprovviso, Helka seppe cosa fare. Un sorriso dolce e amaro. Sapeva che sarebbe stata lultima cosa che avrebbe fatto, e ci che forse il suo inconscio si ostinava a sperare trovava un cupo diniego nella realt dei fatti. Inspir, espir, guard in alto il cielo sopra le cime aguzze dei pini, chin la testa e chiuse gli occhi. Quando li riapr, scintillavano di una quieta pacatezza appena venata di dolore. Se aveva paura, questa era dominata dallantica sicurezza che aveva ripreso il dominio nella sua mente. Scacci ogni pensiero, e si concentr. La sua mano si allung prudente verso il corpo dellEstraneo. Un immenso spruzzo di neve, e quando la neve polverizzata si pos di nuovo, Helka ansante pot solo ringraziare i suoi riflessi felini. La lama del pugnale dellEstraneo si era conficcata a pochi centimetri da lei, e ora Helka fissava ipnotizzata quegli occhi spalancati. Due schegge di ghiaccio bruciante le urlavano un odio profondo, e la ferocia di una disperata difesa. Cos non andava bene, non poteva fare qualcosa in quella situazione. Daltra parte era palese che se avesse lasciato trascorrere quel momento era solo questione di tempo perch il pugnale la trafiggesse e lui soccombesse per la ferita. Helka sent lo stomaco contrarsi. No, non potevano aspettare. Chiunque lo avesse ferito, era andato a cercare rinforzi. Doveva agire subito. E ag distinto. Si sedette e cominci a parlargli con voce dolce e pacata, cercando il dialogo e fissandolo negli occhi per palesargli le proprie intenzioni pacifiche. Probabilmente non bast affatto con una creatura che degli uomini sapeva solo di quella ferita da ossidiana, fu piuttosto il fatto inequivocabile che stava perdendo le forze a farlo sdraiare di nuovo sulla neve e socchiudere gli occhi. Sotto le palpebre semichiuse, quei gelidi occhi dalla pupilla felina la informavano comunque che non aveva nessuna intenzione di cedere, e men che meno di fidarsi. Helka prov un sentimento a met fra ammirazione e pazienza. Per quanto lo negasse a se stessa, cera qualcosa in lei che assomigliava a tenerezza verso un cucciolo ostinato, inondata per di amarezza per la propria sorte. Fu allora che ebbe una semplice idea che segn il suo destino. Prese un pugno di neve e lo pos sulla ferita. LEstraneo apr gli occhi, come paralizzato dalla sorpresa. Listinto di Helka le disse che qualcosa in lui era combattuto, e questo le diede fiducia. Prese unaltra manciata, cercando come di riempire di neve la ferita. La neve non si scioglieva. Non osando sfoderare il coltello, strapp con le mani la stoffa di cotone, formando una sommaria striscia con cui avvolse il petto ferito e quanta pi neve pot applicarvi. Poi parl, una nota di trepidazione nella voce. Ascolta, io non posso lasciarti qui. Torneranno, e anche se non fosse hai bisogno di cure. Capisci? Devi tornare dai tuoi prima che sia troppo tardi! Hai bisogno di cure...! Capisci? Io... se tu parlassi la mia lingua... io non so dove sono gli altri, ma tu devi tornare da loro. Ti porter a nord. Prima o poi arriveremo abbastanza a nord da incontrare i tuoi, ti cureranno. Io. Lo so. Che nessuno. E mai tornato. Ma tu devi tornare. Non ti posso lasciare qui. Non piangere, Helka, ce la devi fare. Ti prendo in spalla, ce la farai a camminare? Non sono tua nemica, andiamo a nord. Qualcosa nel profondo di Helka le elenc i pochi oggetti che aveva nella bisaccia. Poco cibo, niente coperte. Accendere il fuoco era escluso. Un panico atavico si insinu in lei, gli orrori di una marcia forzata in un territorio che richiedeva ben pi dellequipaggiamento di una scampagnata si insinu nella sua anima. Helka semplicemente lo ignor, con una gravit di spirito che le dava la forza necessaria al sacrificio. Andare, soffrire, non tornare. Ma la sua decisione laveva gi presa: semplicemente la sua strada non tornava indietro. E poi sarebbe morta per ci che amava, in un luogo che amava. Non capitava a tutti di morire felici. Chiuse gli occhi per un istante, in un rapido tentativo di mostrare levidenza a quella parte di lei che urlava come un vento in tempesta il suo desiderio pi segreto. Delicatamente prese un braccio dellEstraneo e lo appoggi sulla propria spalla. Avvolse laltro braccio alla vita di lui e tent qualche passo. Poteva avvertire distintamente il gelo nei punti in cui i loro corpi si toccavano. Prov ad alzare uno sguardo su di lui, mentre cercava di camminare alla velocit pi elevata che le condizioni del ferito potessero consentire. Daccordo, non si fidava. Helka pens che tutto sommato era gi un ottimo risultato essersi avviata, ma quello sguardo le dava limpressione fin troppo realistica di avere le zanne di un lupo appoggiate sulla gola. Quando esausta lo depose a terra, erano ormai molto lontani da dove erano partiti. Avevano superato quella che i bruti consideravano la foresta, e che in realt non era che una macchia di alberi in una foresta a dir poco enorme. Lo deposit accanto a un pino solitario in una vasta zona priva di alberi, e si volt ad osservare gli ultimi giochi di luce che il sole calante regalava a un fiume in lontananza. Doveva tentare. Una giornata di viaggio attanagliata dalla tensione e dalla paura non poteva diventare la costante, quello stato danimo lavrebbe sfibrata prima. Voleva provare per la seconda volta a vincere la tacita e feroce diffidenza dellEstraneo, ma loccasione che le si present non era quella che aveva sperato. Un sibilo, qualcosa come un rantolo soffocato la inform che le sue possibilit di curarlo si erano esaurite prima di quanto desiderasse. Trattenendo lagitazione per non apparire brusca nei movimenti, si avvicin a lui e si inginocchi. Sciolse la benda, e non trattenne un moto di orrore. Era unimpressione o la ferita si era allargata? Pi che allungata, era come se mancasse altra carne al punto in cui era ferito. Si era allargata, allungata e approfondita. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Rimosse la neve messa al mattino, e che non bastava pi a riempire lo squarcio, e ne mise altra, premendola e compattandola pi che poteva. Strinse con forza la fasciatura e croll a sedere. Solo allora si ricord di avere fame. Il sole era ormai scomparso del tutto. LEstraneo giaceva immobile, sembrava che la scomparsa del sole gli avesse arrecato sollievo. Helka si ricord cosa si diceva degli Estranei che si mostravano solo di notte, ma ormai non poteva fare molto. Era sfinita. Mentre masticava a lungo ogni boccone di un pezzo di carne salata, si rese conto che probabilmente lEstraneo era stato ferito sul finire della notte, e che non aveva potuto quindi tornare indietro prima che facesse giorno. Per consolarsi del dolore che i muscoli indolenziti e la fame le procuravano, Helka si concesse di essere orgogliosa delle proprie eccezionali capacit di marcia. Aveva imparato a dosare le forze nelle lunghissime giornate in compagnia dei lupi, e indugiare su quanto fosse un bene in quella situazione che lei potesse percorrere distanze vastissime con una resistenza ben superiore a quella normale umana serv a farle dimenticare per un istante il gelo della notte che calava. Confusa, si guard intorno. Era scivolata nel sonno senza accorgersene, ma il freddo che le attanagliava il petto le disse che non poteva restare esposta ancora a lungo. Guard lEstraneo, che non si era assolutamente mosso da come lei lo aveva lasciato, poi si guard intorno alla ricerca di unalternativa al morire assiderata. Quando si alz strinse gli occhi per il dolore alle dita dei piedi, e lottando per coordinare le dita delle mani, scav una piccola buca nella neve ancora friabile e si accoccol nella posizione pi rannicchiata che poteva. Sprofond in un torpore agitato, un sonno fatto di desideri e paure. Apr gli occhi come se fosse stata sveglia da sempre, mentre lalba tingeva di bianco la neve scura avvolta nella notte. La prima cosa che incontr fu lo sguardo dellEstraneo. Possibile? Era curiosit che leggeva nei suoi occhi? Per tutta la mattina la situazione non vari molto, salvo che Helka ogni tanto parlava per cancellare la fatica. Ma lespressione nello sguardo dellEstraneo questa volta Helka la conosceva. Laveva vista pi o meno in tutti i lupi con cui aveva fatto amicizia. Labissale distanza che li separava veniva in qualche modo colmata dal prudente interesse che lui mostrava al suono della voce di lei. Se non le parole, cominciava a capire la situazione. Era ovvio che dubitasse ancora profondamente, ma un po per volta sembrava notare il respiro affannato di Helka, le sue mani tremanti nello sforzo di sorreggerlo, i passi pesanti, il sudore congelato. Helka guard davanti a s, e se mai aveva provato sconforto, in quel momento lo trad. Il fiume. Gelido, dalle acque prossime al congelamento. Nulla che il grasso che impermeabilizzava gli stivali potesse affrontare, nulla che i pantaloni di lana bianca a maglie fitte potessero tenere lontano. Ma a Helka a quel punto non importava pi. Guard oltre. Beh, andiamo disse con una nota di divertita ironia che costituiva la sua pi grande risorsa nei momenti difficili. Scese lentamente largine e si arrischi sui ciottoli del fondo. Dimprovviso sent il peso sulle sue spalle farsi pi leggero, e con uno stupore incredulo guard lEstraneo. Con un potente sforzo, cercava di reggersi da solo. Aveva capito che con quel peso Helka rischiava costantemente di scivolare nel fiume, di infradiciarsi di acqua gelida ben al di l delle sue capacit di sopravvivenza, e con un tremito costante provava a muovere qualche passo appoggiandosi il meno possibile. Una luce brill negli occhi di Helka, e quando finalmente furono sullaltra sponda lo guard. Quegli occhi. Erano forse azzurri, ma cos chiari e cos gelidi da sembrare gemme di ghiaccio ustionante. Eppure Helka poteva vedere ora uno sguardo calmo, solenne, unespressione di sublime distacco e di gelo remoto in cui desider fondersi per sempre. Quella sera, nella sua piccola grotta di neve, Helka trov pace. In simbiosi con la natura, con il ghiaccio, Helka si sentiva in qualche modo riposata. Il cibo era finito con quellultimo pasto, ma la preoccupazione per il resto del viaggio era attenuata dallincredibile relazione che si era instaurata con quellEstraneo. Nei giorni successivi, le cose precipitarono. LEstraneo era sempre pi debole, ormai sullorlo dellincoscienza. Quanto a Helka, la fame e la fatica le annebbiavano la mente, al punto che riusciva a malapena a tenere la direzione nord. Andava avanti con andatura metodica, un passo dopo laltro, spinta da una determinazione feroce. Forse era per la stanchezza, ma le sembrava che la foresta fosse immersa in un eterno crepuscolo, quasi un tramonto senza fine. Giunse un giorno in cui decise che quel crepuscolo era cos permanente che non poteva essere unallucinazione. Laria era talmente fredda e secca che se non si fosse mossa in continuazione sarebbe assiderata in breve tempo. Un urlo acutissimo, stridente, lacer laria. Helka cadde a terra, lEstraneo accanto a lei dischiuse leggermente gli occhi. Unaltro urlo. Unaltro ancora. Sembravano richiami. Sembravano ululati, ma tanto acuti e stridenti da squarciare laria. LEstraneo si mosse. Helka alz la testa e quel che vide la lasci senza fiato. Estranei. Tanti. Il loro sguardo parlava di odio. E collera. Quando comprese, Helka ebbe paura. Il mio viaggio finisce qui pens, prima di ricordarsi che aveva ancora una cosa da fare. Raccogliendo le forze si mise in ginocchio, e delicatamente gir lEstraneo, che le era caduto addosso, sulla schiena. Sciolse la benda e rimosse la neve in modo che gli Estranei potessero vedere. Avrebbero attribuito la ferita a lei? Lavrebbero scambiata per una cacciatrice con la sua preda, finita nella direzione sbagliata? Le venne tolto, ma prima che due braccia solide e bianchissime lo portassero lontano da lei, ud un suono familiare. Ghiaccio che si crepa, una lastra di ghiaccio che si spezza. Raccogliendo con stizza gli ultimi brandelli di lucidit fece notare a se stessa che non era su una lastra di ghiaccio ma su uno strato di neve. Poi si rese conto. Quel crepitio era articolato. Parole... Helka sorrise, prima di crollare incosciente nella neve. Crepuscolo. Era dunque sera? No, Helka ricord e si mise a sedere. La stanchezza sembrava sparita, e per quanto quelle pareti e quel giaciglio fossero di ghiaccio, non sentiva freddo. Passarono le ore, e ad Helka non dispiacque restarsene immobile come suo solito, con le gambe piegate e raccolte fra le braccia. La cosa pi inquietante era il silenzio, profondissimo. Si sorprese a non avere fame. Le sue riflessioni vennero interrotte molto pi tardi, quando si rese conto di punto in bianco di non essere sola. Da quanto tempo era l? Helka non aveva mai visto niente di simile. Era pi alto dellEstraneo che aveva salvato, dalla corporatura ugualmente asciutta ma pi possente. Anche i capelli erano pi lunghi, e di un colore tanto nero da avere riflessi blu. Erano cosparsi di brina ghiacciata, che gli imperlava la chioma come diamanti. I lineamenti mostravano una perfezione senza et. Lo guard dritto negli occhi, e il suo sguardo venne riflesso da due iridi cristalline, che trapassavano lanima. Due occhi di un freddo sublime, uno sguardo gelido che trafiggeva la mente, rivelando leternit e la consapevolezza che si celavano dietro a quellespressione distaccata. Unaura azzurra chiarissima circondava quellEstraneo, dalle cui spalle scendeva un mantello cangiante che arrivava a posarsi morbido sul pavimento di ghiaccio. Helka non si ricordava di avere visto Estranei indossare un mantello. Chi aveva davanti? Un freddo profondo la pervase, ed Helka si abbandon a quella sensazione di gelo infinito. Le labbra di lui avevano una piega crudele, e questo le piacque. Helka si concesse una specie di sorriso. Freddo come il ghiaccio, duro come la gelida roccia dei monti del nord, crudele come linverno. Helka seppe di essere arrivata, e non desider altro. Le parve che laura intorno allEstraneo aumentasse di potenza, intensificandosi. Scese dal giaciglio, fece qualche passo e si gett in ginocchio. Quella lama, di un ghiaccio trasparente come cristallo, lunga e sottile, doveva avere la stessa infinita et dellEstraneo, che la stringeva con una presa sicura delle lunghe dita bianche come ghiaccio. Helka chiuse gli occhi e li riapr. Prese dallo stivale il suo pugnale, lo pose ai piedi dellEstraneo e chin la testa in segno di sottomissione. Infine lo guard negli occhi, perdendosi in quel gelo infinito. Fu questa lultima cosa che ricord della sua vita mortale. Nel villaggio, la leggenda della ragazza dai capelli di cenere che si era avventurata nella foresta ed era stata punita per aver osato tanto e non era pi ritornata and avanti per qualche generazione. Ma gi qualche secolo dopo era stata dimenticata, soppiantata dalla leggenda della demone dagli occhi di ghiaccio, dalla pupilla felina e dal colore cangiante. La sua arma era una lunga lancia dalla lama di ghiaccio, era selvaggia come un lupo e la sua voce era il canto stesso della tempesta dinverno. Ma questo lo raccontavano i pochi sopravvissuti in preda al delirio, poco prima di morire. Raccontavano anche che lEstranea avesse lunghissimi capelli del colore della cenere.  eqx"!!##$$y*{*h,i,00)1-1222288UU _-_חח׈|m|||mmm||m|mmm|h8j;h2gB*CJaJphh2gB*CJaJphh8j;hu{B*CJaJph#h8j;B*CJOJQJ^JaJph,h8j;h2g6B*CJOJQJ^JaJph,h8j;hu{6B*CJOJQJ^JaJph#hu{B*CJOJQJ^JaJph,h8j;hu{5B*CJOJQJ^JaJph*0Rr 5 \ z 6 \ &R"$1$7$8$H$ $1$7$8$H$a$gd8j;\j$K6Wd6qq@) !d!!""#x$%*&'H''V)}*1$7$8$H$}**J+.e.E//j00W1E2133g4S556789;w?@@AwB^JKL1$7$8$H$LLLM?PfQWUUVVjXJYYVZZL[\\L^M^^__g``bcdf1$7$8$H$f2grgsggyhZj[j\j1$7$8$H$-_[j\jhu{OJQJ^Jh8j;hu{B*CJaJph#0P/ =!n"n#$n%B@B NormaleCJ_HaJmHsHtHVAV Carattere predefinito paragrafoXiX Tabella normale4 l4a 4k4 Nessun elenco\b|0Rr5\z6\&R" $ K 6 W d6qq@)dx*HV!}""J#&e&E''j((W)E*1++g,S--./013w7889w:^BCDDDE?HfIWMMNNjPJQQVRRLSTTLVMVVWWgXXZ[\^2_r_s__y`Zb[b^b000p0p0p0p0p0p0 00 0p0p0p0p000p00p0 0p0p0p0000 0p00 00p0(0p0p00p0p000p00p0p0p00p000p0 0p0 0p0 0p0p0 0p0p0p0p00(0(0(0p0p0p000000p0p0p0p0p0p0p0p0p00p0p00p0H0p0p0p0p0p0p0p00p0p00p0p0 0p0P00p00 00p0X0p0p0p0p0p0p0-_\j6=$}*Lf\j79:;<\j8  p u  " f k / 4 W \ diFKdj?D&+"uz|^c_d !!""""$$&&s&x&) )))1+6+----//22~3344!8&8"?'?@@EE_FdFGG?HDHVHXHkIpIKKLLLLMMMMN NNNOOxQ}QVR[RRRUT`TVVnVsVW!W&W0WgXlXZZ[[[[\ \\\ ]]^^^b05RVfirw5:z7<" # 5 > $ G S^w #qbc@By~'X[}s{ux !!""##''((N*e***{++++,,--B.I.//`1c1111111E2P22222313C3[344-5/5557 7?8B8889999;;;;<%<<<<<==??@@AABBCCCC%F'FFF4G?GAGCGfIhIII^KaKLLMM5OAOPPQQQQRRRRRRTTVVWWWWXXYZ2[:[B\O\\]]^``{a~aaa&b,b^bI$$^b^bComputer8j;2gu{@\b@@UnknownGz Times New Roman5Symbol3& z Arial?& Arial BlackMMonacoCourier New7&  Verdana3z Times"Aj&k&S2S2$xx2*b*b3 ?8j;Vento di GhiaccioComputerComputerOh+'0   < H T`hpxVento di Ghiacciodent ComputerGhiompomp Normal.doti Computerti3mpMicrosoft Word 10.0@x@Tr@]wS՜.+,0 hp|   2*bA Vento di Ghiaccio Titolo  !"#$%&'()*+,-./0123456789:;<=>@ABCDEFGHIJKLMNPQRSTUVXYZ[\]^aRoot Entry F`~c1Table?WordDocument%|SummaryInformation(ODocumentSummaryInformation8WCompObjn  FDocumento di Microsoft Word MSWordDocWord.Document.89q